Nel novembre 2024, si è iniziato a parlare del breve libro di un filosofo di Hong-Kong che sarebbe uscito di lì a poco in edizione inglese su Amazon e in Italia per Edizioni Tlon. Da subito intorno a questo testo si è mosso un certo fermento, e quando è uscito ufficialmente – il 15 gennaio 2025 – ha attratto l’attenzione della stampa europea e sudamericana. Il libro, Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà è diventato oggetto di discussione in Francia, Spagna, Germania, Argentina, Brasile, finché il 4 aprile 2025 il settimanale L’Espresso e la rivista di geopolitica Le Grand Continent hanno rivelato che l’autore – Jianwei Xun – era in realtà un metasoggetto nato dalla cooperazione tra intelligenze umane e intelligenze artificiali generative. Le tracce erano evidenti ma, come nel racconto La lettura rubata di Edgar Allan Poe, benché disseminate in piena luce erano state notate solo da pochi. Qui Andrea Colamedici racconta allo IED di Roma la genesi dell’esperimento
Il progetto Ipnocrazia, che già in quanto libro aveva suscitato molta riflessione, ha quindi scatenato una serie di altri interrogativi su social, stampa e televisione in numerosi paesi: come cambia il rapporto tra autore e lettore? cosa significa scrivere insieme alle IA generative?
Wired Messico: https://es.wired.com/articulos/entrevista-con-andrea-colamedici-el-autor-detras-de-hipnocracia-de-jianwei-xun
Sono domande che oggi dovremmo cercare di farci seriamente, al di là dei comprensibili pregiudizi, perché possono aiutarci a capire meglio in quale direzione vogliamo andare come esseri umani e quale vogliamo che sia il futuro della nostra creatività e del rapporto con le IA generative.
A questo proposito, il recente paper di Luciano Floridi dedicato al concetto di Distant Writing ci offre una lente preziosa: secondo il filosofo italiano, direttore del Digital Ethics Center di Yale, stiamo entrando in un’epoca in cui l’autore non scrive più direttamente, ma progetta e orienta i testi generati da sistemi di intelligenza artificiale. L’autore diventa un designer di mondi narrativi, e la scrittura diventa una pratica di orchestrazione più che un atto di creazione lineare. Si può scaricare qui.
Sebbene il processo proposto non sia quello seguito per scrivere Ipnocrazia (che è stato molto più complesso e ha comportato una mole di circa due milioni di caratteri di conversazioni tra AI e umano prima dell’effettivo inizio del libro, oltre alla scrittura pratica dell’umano, all’editing e all’inserimento di tracce testuali e ipertestuali), in ogni caso ci pone di fronte a un interrogativo: l’uso consapevole delle tecnologie generative può ridefinire la scrittura, la lettura e perfino il concetto stesso di realtà?
La percezione, a qualche settimana dalla rivelazione del metasoggetto Jianwei Xun, è duplice: un grande interesse da parte di stampa, intellettuali e accademie straniere, e molta paura in Italia. A casa nostra, infatti, l’atteggiamento spesso – ma non sempre, anche qui tanti hanno mostrato entusiasmo e desiderano creare dibattito – è quello della chiusura totale: queste AI non devono essere usate, l’autorialità è sempre identica a se stessa, niente sta davvero cambiando.
Noi crediamo che questo bisogno di protezione sia legittimo e assolutamente comprensibile, ma che rischi di non mostrarci cosa sta accadendo davvero e di tagliar fuori l’Italia da un discorso internazionale su questi temi.